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Dalla campagna elettorale USA alla crisi in Medio Oriente, varie le incognite che si possono presentare

2024-08-01 12:00

Filippo Bovo

Dalla campagna elettorale USA alla crisi in Medio Oriente, varie le incognite che si possono presentare

Tra il 13 e il 21 luglio il pubblico del mondo intero ha potuto assistere alla “settimana più pazza d'America”. Sebbene le pressioni sull'ormai ex can

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Tra il 13 e il 21 luglio il pubblico del mondo intero ha potuto assistere alla “settimana più pazza d'America”. Sebbene le pressioni sull'ormai ex candidato Biden si facessero sempre più stringenti, con importanti sponsor che avevano addirittura congelato i finanziamenti alla campagna elettorale, il Presidente uscente continuava comunque ad insistere di essere il miglior candidato possibile, l'unico in grado battere un Trump che i sondaggi davano tuttavia già in crescente vantaggio. Bene o male fino al 13 luglio nelle fila dei Democratici era ancora partita aperta tra quanti gli chiedevano l'abbandono e quanti invece, pur con costanti e talvolta eclatanti defezioni, lo continuavano a puntellare. Tutto però ha iniziato a subire una brusca accelerazione proprio quel giorno, quando Trump è rimasto miracolosamente illeso in un attentato compiuto da un ventenne, Thomas Matthew Crooks, nella cittadina di Meridian, a Butler in Pennsylvania. 

 

Le dinamiche dell'accaduto, per quanto ormai note, resteranno comunque a lungo fonte di vari dibattiti spesso in mano ai teorici più complottisti, come già da giorni vediamo nella rete, e non è certo questa la sede più idonea per poterli affrontare. Ma certamente non possiamo rimanere indifferenti al fatto che, pur non apparentemente mosso da ragioni politiche, stando almeno alla cronaca ufficiale, il giovane attentatore freddato dalle forze dell'ordine subito dopo il colpo abbia alimentato col suo gesto una serie di retroletture tali da assestare alla corsa di Biden la mazzata finale. Molti hanno ad esempio pensato che l'attentato fosse ordito da ambienti vicini ai Democratici, e che proprio per questo subito dopo si fosse ucciso il “cane sciolto” Crooks così da chiudergli la bocca per sempre; altri che non fosse lui il vero tiratore, ma qualcun altro ben più capace, o che addirittura Trump non fosse stato sfiorato proprio da nessun proiettile e che fosse invece tutta una montatura, costata la vita ad un Crooks innocente; infine qualcun altro ha tirato fuori la mano divina di Gesù Cristo, lettura certamente anche questa immancabile in un paese dove la chiusura in migliaia di movimenti religiosi della galassia cristiana più estremista è una forma di rifugio dai tanti malesseri di una società segnata dalla crisi e dal decadimento. Tutte queste letture, comunque, hanno inasprito lo scontro tra Democratici e Repubblicani, aumentato il divario nei sondaggi e segnato anche una nuova crescita d'influenza degli ambienti della destra più ideologica nelle fila del Partito Repubblicano. Di fronte ad una simile novità, la sopravvivenza politica di Biden appariva ormai inesorabilmente segnata.

 

Così, ritiratosi nella sua dimora sul mare nel Delaware, Biden ha trascorso alcuni giorni di meditazione, mentre le pressioni e le curiosità intorno a lui non facevano altro che crescere. Anche molti dei più irriducibili suoi sostenitori l'avevano scaricato chiedendogli di puntare sulla vice Kamala Harris prima che fosse troppo tardi per lei e per le sorti dei Democratici; e sebbene nulla vietasse che potesse invece rifiutare continuando sordamente ad andare avanti per la sua strada, le probabilità che gettasse la spugna andavano aumentando d'ora in ora. Alla fine, il 21 luglio le riserve sono state sciolte e Biden ha rinunciato alla corsa elettorale, consigliando ai suoi delegati di puntare sulla Harris. Malgrado i primi ottimismi, ciò non ha comunque spento i dubbi sul futuro dei Democratici non soltanto in merito alla competizione elettorale, ma anche alla loro stessa tenuta politica e strutturale: parte del partito ha sì immediatamente plauso all'arrivo della Harris, anche perché era proprio la candidata che da tempo invocava al posto di Biden; ma altri suoi settori hanno invece richiesto delle brevi primarie aperte anche ad altri candidati, in modo da poter così presentare alle urne un candidato forte di un'investitura popolare e non soltanto degli apparati. Infine, nessun regolamento obbligava i delegati del candidato ritirato, Biden, a puntare sul suo vice, Harris, neppure se consigliato dal primo. Al momento parrebbe che questi scogli siano stati superati, anche in virtù dei finanziamenti alla campagna elettorale che la Harris è immediatamente riuscita ad ottenere dai vecchi sponsor che avevano lasciato a secco Biden, e che sono stati letti tra le varie cose come una sorta di legittimazione politica. Ora si tratterà d'attendere solo la convention democratica del 19 agosto, dove di fatto la candidatura già di fatto della Harris diventerà tale anche di diritto.

 

Di là da questo, molte cose potranno avvenire di qui a novembre e già lo stesso mese di luglio non ha mancato in fatto di generosità. Nei giorni in cui da Pechino s'annunciava la storica ricomposizione tra Hamas ed Al Fatah e di altre 12 sigle minori della Resistenza palestinese, il premier israeliano Netanyahu parlava a Washington al Congresso USA invocando unità contro l'Iran, certamente ripetendo un copione già visto in numerose altre occasioni precedenti sia negli Stati Uniti che in Europa o all'ONU, dove nel corso degli anni ha sempre bene o male scandito in seduta plenaria tali concetti; ma anche mirando a sabotare quegli sforzi cinesi tesi ad un'uscita dal conflitto israelo-palestinese tramite la soluzione dei due Stati, il pieno riconoscimento internazionale dello Stato palestinese e la sua entrata all'ONU come membro a pieno titolo. Pochi giorni dopo un dubbio avvenimento accadeva sulle altura del Golan, in una zona occupata da Israele senza riconoscimento internazionale, nel villaggio druso di Majdal Shams: secondo la stampa internazionale gli Hezbollah libanesi avevano colpito l'abitato, con la morte di almeno dodici ragazzini tra i dieci e i sedici anni, ma stando a report indipendenti le responsabilità sarebbero invece da iscriversi a gravi lacune del sistema di difesa aereo israeliano Iron Dome, un cui razzo sarebbe proprio caduto provocando quella strage. Altri ancora, mossi forse da una sana malizia, si chiedono se l'azione non sia invece stata condotta di proposito dalle Forze Armate israeliane così da poter legittimare una rappresaglia contro gli Hezbollah e i suoi alleati, che effettivamente ben poco interesse avrebbero a colpire proprio dei loro correligionari sotto regime d'occupazione israeliana come i Drusi del Golan. 

 

Certamente Israele intende alzare la tensione con l'Asse della Resistenza formato da Hezbollah, Siria ed Iran, e al quale si sono fortemente avvicinati nel tempo Hamas, gli Houthi e gli sciiti iracheni, così da poter coinvolgere gli USA in una guerra contro i suoi avversari in Medio Oriente prima che sia troppo tardi. Netanyahu, insomma, mira a sfruttare la fase d'incertezza politica regnante a Washington, dove l'Amministrazione Biden è ai suoi ultimi mesi e la campagna elettorale in corso, per poter spostare l'ago della bilancia a suo favore prima di ritrovarsi lasciato da solo dinanzi a dei nemici sempre più organizzati e combattivi e al resto del mondo, a cominciare dalle nuove grandi potenze come Pechino o Mosca, ben poco intenzionato a trattarlo da amico. Questo spiega anche le risposte militari israeliane direttamente recapitate allo Yemen contro gli Houthi, che colpendo a più riprese Tel Aviv ed altri obiettivi israeliani hanno nuovamente dimostrato le tante faglie del sistema di difeso Iron Dome, e che del resto anche nel Mar Rosso continuano a colpire le navi identificate come legate a Gerusalemme e ai suoi alleati. Di là dal contributo a peggiorare la situazione già incerta nel Mar Rosso, le azioni israeliane contro lo Yemen implicano pure la volontà già riscontrata a più riprese fin dallo scorso 7 ottobre d'ampliare il conflitto così da costringere i suoi alleati a dargli un aiuto più decisivo. 

 

Così si può dire pure per le analoghe rappresaglie che alla fine di luglio nel giro di poche ore Israele ha attuato su Beirut e Tehran, uccidendo il vice di Hezbollah Fouad Shukr e il capo dell'ufficio politico di Hamas Ismail Haniyeh. Appare difficile pensare che si tratti solo di una risposta ai controversi fatti del Golan, anche perché per la loro preparazione simili operazioni d'intelligence militare richiedono sempre tempistiche e verifiche molto accurate. Semmai, lo scopo di simili operazioni è proprio quello di rallentare lo sviluppo di un contesto geopolitico che Israele vede evolversi sempre più a suo sfavore, peraltro per sua stessa benché non riconosciuta responsabilità, colpendo figure chiave a livello organizzativo delle varie sigle ed entità statali che giudica ostili. Tali mosse, pur rappresentando un duro colpo per le sigle ed entità statali colpite, tese anche a metter in luce quelle varie vulnerabilità che le hanno rese possibili e far del pari risultare meno gravi quelle ormai già riscontrate nel sistema di difesa israeliano, non portano comunque mai alla fine o alla crisi irreversibile di quelle stesse sigle ed entità statali, e sicuramente Israele ormai lo sa; ma quantomeno, escalando la situazione regionale ed internazionale ed esacerbando le varie posizioni, possono tradursi in benzina gettata in gran quantità su un fuoco già assai più che vivace. Si mira ad ottenere una reazione iraniana, che a questo punto dinanzi a simili attacchi contro suoi alleati e nel suo stesso territorio non può mancare.

 

Al momento, non a caso, è corsa intorno al Medio Oriente anche da parte degli USA che una rassicurazione ad Israele devono quantomeno darla, nonostante la situazione non paia porsi in modo molto differente da qualche mese fa, quando il 1 aprile le forze israeliane colpirono con un attentato aereo l'Ambasciata iraniana a Damasco con relativa risposta di Teheran sul suolo israeliano e controrisposta israeliana sostanziatasi in forma ben minore. Anche il quadro regionale appare il medesimo, coi paesi arabi del Golfo che anche stavolta dichiarano di non voler concedere l'uso delle basi USA nel loro territorio per attacchi contro Teheran, con cui hanno ormai buoni rapporti che intendono preservare, eccezion fatta per la sola Giordania allora come stavolta indotta invece per elementari ragioni geopolitiche e di confine a fornire il proprio spazio aereo alla difesa di Israele. Se da una parte ciò può fornire una qualche rassicurazione, dall'altra non rappresenta comunque un invito a sottovalutare il pericolo di una situazione dove la precarietà regna sovrana. L'intento di terremotare la situazione internazionale, in un momento in cui la politica americana è a causa del suo interregno più lontana ma anche più manipolabile dai propri alleati, può rendere questa crisi macroregionale ben più irreversibile di quanto non lo sia oggi, visto che già oggi sappiamo comunque che non potrà concludersi mai con un ritorno allo status quo precedente. E' proprio per scongiurarne una conclusione a proprio danno, che Israele mira ad accelerare la corsa degli eventi prima di ritrovarsi nella condizione di non potervi più influire a proprio favore.

 

La campagna elettorale americana, già alle prese con una crisi ucraina che per ovvie ragioni si mira a concludere o quantomeno a mettere all'angolo in maniera presentabile prima che gli elettori si rechino alle urne, dovrà ora fare i conti anche col costante incendio mediorientale, dove analogamente le tante debolezze dell'unipolarismo a guida americana risaltano con non minor gravità. Tanto la Harris quanto Trump si troveranno ostaggi di una politica securitaria filo-israeliana in Medio Oriente più di quanto già non lo siano per loro riconosciuta vocazione, e ciò accorcerà intuibilmente molte loro distanze anche nel rapporto da tenersi con le grandi potenze del mondo non allineato, dalla Cina alla Russia al resto dei BRICS, la cui visione del dossier mediorientale e della questione israelo-palestinese trova ben poche affinità con quella americana. I caldi giorni che abbiamo davanti, e i mesi che ne seguiranno, ci sapranno certamente dare qualche conferma in più al riguardo.

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