contatti@lenuoveviedelmondo.com

Le Nuove Vie del Mondo

Le Nuove Vie del Mondo


facebook

Un laboratorio virtuale per le idee e per le analisi.

.


facebook

Le ultime dal Blog

 @ All Right Reserved 2020

 

​Cookie Policy | Privacy Policy

I giorni di Kazan: un incentivo alla cooperazione, al dialogo e al multipolarismo

2024-10-26 19:00

Filippo Bovo

I giorni di Kazan: un incentivo alla cooperazione, al dialogo e al multipolarismo

Negli scorsi giorni giorni dal 22 al 24 ottobre s'è tenuto a Kazan il Summit dei BRICS. Grandi le aspettative, non meno grandi le sorprese e così pure

thumbs_b_c_db8331785d2ca5236327eeb291447d31.jpeg

Negli scorsi giorni giorni, dal 22 al 24 ottobre, s'è tenuto a Kazan il Summit dei BRICS. Grandi le aspettative, non meno grandi le sorprese e così pure le delusioni che l'hanno accompagnato e seguito: a tutte, cominciando da quelle che maggiormente hanno suscitato la perplessa curiosità dei più, è doveroso offrire qualche chiave di lettura aggiuntiva. In base a varie dichiarazioni politiche e letture giornalistiche, per esempio, molti s'aspettavano un grande aumento dei membri a pieno titolo, secondo una prassi ormai venutasi a creare negli ultimi anni; ma, come dichiarato una settimana prima dal ministero degli Esteri russo, in realtà non vi sarebbe stata una grande infornata di nuovi membri, eccezion fatta forse per alcuni partner privilegiati; e pure riguardo a costoro, durante i lavori nulla avrebbe comunque vietato che altri equilibri si venissero invece a stabilire. 

 

L'attenzione è stata così riposta soprattutto sulla creazione dell'inedita categoria dei paesi partner, che si pone un gradino al di sotto dei membri a pieno titolo ed è propedeutica al poterlo in seguito diventare: è una scelta pensata per consentire alla famiglia dei BRICS, già tanto vasta prima dell'appuntamento di Kazan, di potersi meglio amalgamare onde appianare certi attriti interni che hanno finora caratterizzato i rapporti bilaterali di alcuni tra i suoi vecchi e nuovi membri. Non a caso, oltre ai tredici nuovi paesi partner, tra nomi già previsti ed altri invece d'inediti (Algeria, Bielorussia, Bolivia, Cuba, Indonesia, Kazakistan, Malesia, Nigeria, Thailandia, Turchia, Uganda, Uzbekistan, Vietnam), non andrebbero trascurati gli importanti passi in avanti compiuti dalle varie leadership dei già membri con la distensione indo-cinese sui confini hymalaiani foriera anche per quella indo-pakistana, relativa alla regione del Ladakh; il sempre più marcato avvicinamento irano-saudita, che s'esprime in una rafforzata identità di vedute sulle principali questioni mediorientali e subsahariane; nonché un primo e percepibile cambio di rotta di Etiopia ed Emirati Arabi Uniti, quest'ultimi talvolta comportatisi finora come bastian contrari dentro l'organizzazione, proprio verso Arabia Saudita, Iran ed Egitto, coi quali non mancano dissapori in merito alle diverse posizioni su temi come Somalia e Sudan.

 

Non sono mancati comunque nemmeno certi aspetti più controversi come le pressioni brasiliane per tener fuori Venezuela e Nicaragua, tese probabilmente a preservare il primato e l'esclusività del Brasile come esponente latinoamericano nell'organizzazione, nonostante l'ingresso come partner di Cuba e Bolivia. E' un'azione che indica pure le spinte politiche interne al governo Lula, che si regge su una gamba al centro non sempre di così provata fede; a tacer poi delle differenze nella linea politica del PT brasiliano dal PSUV venezuelano o dal FSLN nicaraguense. Dato che senza l'approvazione unanime di tutti i vari membri BRICS nessun nuovo paese può entrarvi, com'è proprio d'ogni organizzazione intergovernativa, il Venezuela s'è così visto bloccato dal Brasile, restando fuori malgrado avesse ricevuto un forte sostegno dalla Russia e il Presidente Nicolas Maduro fosse volato a Kazan. Celso Amorim, uno dei consiglieri della Presidenza brasiliana, parlando al telefono con Vladimir Putin, ha motivato le ragioni del veto nelle perplessità di Brasilia riguardo ad un troppo rapido incremento dei paesi BRICS, come pure nelle controversie circolanti intorno al recente voto venezuelano. E' stato un veto molto forte, che ha trovato un certo consenso anche nel resto della platea, visto che altri paesi, nonostante i malumori di qualche membro, sono comunque potuti entrare: la Turchia, ad esempio, negando le preclusioni indiane verso un suo ingresso a causa dei buoni rapporti col Pakistan, di cui ad un certo punto erano circolate varie voci, è stata effettivamente ammessa come paese partner, e così pure l'Algeria: sono entrambi due paesi ai quali evidentemente altri membri dell'organizzazione non possono ormai più opporre un costante rifiuto. 

 

Riguardo l'India, prima dell'apertura del Summit erano persino circolate voci riguardanti un suo possibile appoggio alla candidatura del Pakistan nell'organizzazione: sarebbe stata una mossa indubbiamente distensiva e lungimirante, ma probabilmente anche un passo più lungo della gamba per la leadership di Nuova Delhi, che per il momento può portare a casa il favorevole accordo frontaliero offertogli da Pechino. Inoltre, la candidatura di Islamabad nei BRICS non era in agenda; ma nulla vieterà che se ne possa discutere il prossimo anno, in attesa che anche il Pakistan consolidi i suoi propositi in materia. Quanto alla Turchia, invece, le principali perplessità di molti osservatori occidentali risiedevano nella sua presenza nella NATO: può un paese che ne è parte, risultare compatibile anche coi BRICS e la loro filosofia? Evidentemente sì, per lo stesso motivo per cui può anche essere, già da tempo, partner di dialogo nell'Organizzazione per la Cooperazione di Shanghai (SCO): diversamente dalla NATO, infatti, sia i BRICS che la SCO non sono alleanze militari, e non mirano a proporsi come delle “anti-NATO”: questa, semmai, è lettura che rientra in un certo “wishful thinking” o meglio ancora “wishful hope” occidentali, perché comprensibilmente giustificherebbero l'aggressività coltivata ad Ovest nei loro confronti. Se la SCO è un'alleanza intergovernativa volta a favorire l'integrazione, la sicurezza, le politiche infrastrutturali ed economiche comuni nell'ambito euroasiatico, così come la cybersecurity o la lotta comune al terrorismo e al narcotraffico, i BRICS invece sono un'alleanza tra le principali o più rappresentative economie emergenti del pianeta, che nel corso del tempo ha intrapreso iniziative comuni nell'ambito del credito, della salute, della sicurezza, della produzione cerealicola ed alimentare o ancora delle infrastrutture. I BRICS neppure si pongono in contrasto col G7, che trovano semmai una loro alternativa più fresca e rappresentativa nel G20 e che non a caso mirano più volte a mettere all'angolo.

 

A proposito proprio del G20, la sua prossima edizione si terrà nelle ormai prossime giornate del 18 e 19 novembre a Rio de Janeiro, e questo fatto chiama nuovamente in causa il Brasile di cui poc'anzi parlavamo, anche in merito alle giustificazioni ufficiali fornite dal consigliere Amorim per il veto ai BRICS contro Caracas. Per il Brasile il Summit di Rio, dove i paesi occidentali verosimilmente torneranno a condannare la Russia per l'intervento in Ucraina e ad isolare il Venezuela proprio per le questioni relative alla rielezione di Maduro, ha un valore fondamentale, non certo inferiore a quello del summit BRICS di Kazan. Anche questo può spiegare perché Brasilia, che pur sempre intrattiene buoni rapporti politici ed economici anche con gli Stati Uniti e l'Unione Europea, a Kazan abbia preferito tenere quella linea verso il Venezuela e il Nicaragua: per una loro adesione se ne riparlerà dunque nel 2025, a summit BRICS nuovo, anche perché oltre al Venezuela in lista d'attesa c'è pure l'Arabia Saudita, che a Kazan ha invece preferito di propria sponte soprassedere rinviando al futuro la formalizzazione del proprio ingresso, almeno finché non si saneranno certe ultime ruggini con gli Emirati Arabi Uniti, di cui Riyad teme un possibile veto. Politicamente comporterebbe un duro danno d'immagine, senza dimenticare anche i tanti paesi fuori dai BRICS con cui l'Arabia Saudita mantiene solidi legami energetici, economici o tecnologici, sia occidentali che non allineati. Tra quest'ultimi non ne mancano neppure alcuni che nei BRICS, come la stessa Riyad, svolgono quasi un ruolo di “partner non dichiarati”: dopotutto, a Kazan, vi erano i rappresentanti di ben 36 Stati, ben più dei 24 tra membri e partner che da ora siedono nell'organizzazione, ed intuibilmente il loro numero nel tempo salirà. Anche su tutti questi paesi Riyad intende lavorare, oltre che sui tradizionali interlocutori occidentali, oggi più che mai con la situazione in atto in Medio Oriente: la diplomazia e gli affari talvolta percorrono lo stesso sentiero, talvolta uno per conto proprio, e sono entrambi due fattori essenziali nella vita di qualsiasi paese, ancor più se maggior produttore d'energia al mondo e al centro di un'area oggi a dir poco nevralgica per i noti e tanti fatti geopolitici che la connotano.

 

Impedendo un'approvazione unanime col loro singolo veto, alcuni paesi membro possono dunque talvolta bloccare l'ingresso di un nuovo candidato per via di certe questioni geopolitiche che li vedano in reciproca ostilità, manifesta o sotterranea che sia: per un'organizzazione intergovernativa o sovranazionale è fatto più che normale, e basterebbe a tal riguardo pensare a cosa sia avvenuto nella storia, anche recente, dell'UE o della NATO; ma al contempo è anche un incentivo a sfruttare maggiormente le risorse della diplomazia e della cooperazione per superare tali asperità. Favorire e presiedere il dialogo tra paesi divisi, quindi, è la principale soluzione perché si possa così giungere ad una loro riconciliazione, a beneficio di tutti. Così India ed Emirati Arabi Uniti alla fine hanno accolto ad esempio Turchia ed Algeria come partner nei BRICS, mentre intanto Pakistan ed Arabia Saudita restano fuori: a questo giro Nuova Delhi ed Abu Dhabi hanno già fatto un grande passo in avanti accettando i primi due ed assecondando nel frattempo anche altri due partner irrinunciabili come Malesia ed Indonesia; in futuro si vedrà anche per quelli rimanenti. Certo, in altri casi la speranza di alcuni paesi già membri è che, col loro veto, alla fine il candidato membro si spazientisca e rinunci: con l'Algeria, per esempio, stava andando proprio così, allorché lo scorso anno ritirò adirata la propria candidatura individuando la responsabilità in un paese dell'organizzazione vicino “ad un piccolo emirato mediorientale”. E' anche il motivo per cui altri paesi ancora, malgrado l'interessamento riposto ad entrare nei BRICS+, alla fine preferiscano evitare finché certe ruggini dirette o indirette con altri membri non andranno a sanarsi, e questo è proprio il già menzionato caso dell'Arabia Saudita: inutile presentare continuamente candidature per vedersele poi respingere. Mai si potrebbero davvero superare certi impasse senza risolvere prima, “in separata sede”, determinate questioni che dividono paesi membri ed aspiranti tali; e perché ciò avvenga è essenziale che possano risolvere pacificamente le loro dispute tramite proprio gli strumenti della cooperazione e del dialogo. Il lavoro della diplomazia cinese in Medio Oriente, sotto quest'aspetto, ha già fornito per esempio risultati di grande valore, ad esempio riconciliando Iran ed Arabia Saudita e pertanto favorendo anche la coesione tra Sciiti e Sunniti; ma ancora tanto tempo e tanti sforzi ancora serviranno per vederne i frutti migliori, e perché vi s'arrivi, un po' come per una pianta da frutto, sarà sempre importante starvi dietro.

 

Giungendo ai termini di questa disamina, nei giorni di Kazan non sono mancati neppure avvenimenti inquietanti, come l'avvertimento, quello che in un certo gergo politico-giornalistico italiano viene chiamato "l'intentone", dell'azione terrorista in Turchia, alla TUSAS di Ankara, il 23 ottobre, nello stesso giorno in cui il Presidente Erdogan giungeva a Kazan: non è una novità che l'allontanamento turco dal campo atlantico, in atto già da diversi anni e visibile oggi anche nella frequentazione dei BRICS dopo il già avvenuto avvicinamento alla SCO, non sia tanto gradita in certi ambienti occidentali e nelle sue relative propaggini nella Penisola Anatolica. E neppure andrebbe dimenticato, come altre volte avevamo ricordato, come ciò sia parte pure di una più vasta azione israeliana mirante a colpire sempre più a nord, sui fronti di Libano e Siria, puntando sulle forze iraniane e suoi suoi alleati locali, così da tenere attiva una "linea di fuoco" con cui fronteggiare anche la stessa Turchia, ormai sospettata di troppa benignità verso l'Asse della Resistenza: dopotutto, fin dal 7 ottobre 2023, Israele sa che se s'aprisse un vuoto sotto i confini e le aree di sicurezza turche, Ankara prenderebbe le sue contromisure per contrastarlo e contenerlo: per parte dei vertici israeliani ciò è al contempo un po' un desiderio, e un po' una paura. 

 

Nell'attesa dunque che si sciolgano determinati nodi, e che gli scenari più nefasti si scongiurino proprio grazie al vantaggio di un maggior lavoro comune, si presenta quindi come fatto assai positivo che nella sempre più vasta famiglia BRICS dialogo e cooperazione a livello congiunto riescano a superare certi gravi attriti che precedentemente dividevano alcuni dei membri, e che costituivano dei talloni d'Achille di cui molti altri dall'esterno sapevano a vario titolo come approfittare. Il consolidamento del multipolarismo e lo sforzo affinché la cooperazione e il dialogo sempre più contribuiscano a svilupparlo e proteggerlo sono in ultima analisi le due grandi lezioni che i giorni di Kazan hanno consegnato all'intera platea internazionale.

 

 

image-868

ISCRIVITI ALLA NEWSLETTER

Rimani aggiornato su tutte le novità e gli ultimi articoli del Blog