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Auto elettriche, dazi anti-dumping e mercato europeo: la frattura della Commissione UE

2024-08-30 10:00

Filippo Bovo

Auto elettriche, dazi anti-dumping e mercato europeo: la frattura della Commissione UE

Come già notato in altre occasioni, il conflitto tra politica da una parte ed industria, economia e commercio dall'altra pare ormai un tratto tipico n

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Come già notato in altre occasioni, il conflitto tra politica da una parte ed industria, economia e commercio dall'altra pare ormai un tratto tipico nella condotta della Commissione Europea, con reazioni non sempre facili da controllare sia dentro la stessa Unione Europea che all'esterno, nei rapporti coi suoi vari partner. Sostanzialmente ciò accade ogni qual volta la teoria, con le sue molte aspettative, non trovi poi un effettivo riscontro nei fatti. Lo scorso luglio, ad esempio, abbiamo affrontato il tema dei dazi alle auto elettriche cinesi, indicandone le non poche permeabilità: nella storia, qualsiasi misura volta a chiudere i propri spazi o mercati ha sempre avuto un effetto inferiore agli auspici e in ogni caso poco più che temporaneo. 

 

Ad esempio nel 2023 sono stati immatricolati nell'UE ben 4,5 milioni di auto elettriche, ovvero 1,5 milioni in più rispetto all'anno precedente, quando l'immatricolato s'era fermato a 3 milioni. Si tratta di un aumento del 48,5% rispetto al 2022, che ci consegna un mercato europeo in cui le auto elettriche costituiscono ormai il 14,6% del parco circolante, come da dati EuroStat. Di là dal dibattito comune, diviso tra chi vede nelle elettriche il futuro dell'autotrazione e chi invece le giudica una semplice moda passeggera, è certo comunque che in Europa come altrove questo tipo di vetture sia pur sempre destinato a presidiare una quota del mercato e delle scelte degli acquirenti. Non diversamente, infatti, si può dire anche per gli altri mercati mondiali, dove tali mezzi conoscono a seconda dell'area crescite talvolta significative e talvolta invece più modeste, vincolate in quest'ultimo caso ad infrastrutture e disponibilità di ricarica non ancora sufficientemente diffuse. 

 

Nel caso europeo, certamente, i dazi costituirebbero un grave pregiudizio alle possibilità di acquisto di molti consumatori, creando tuttavia anche sgraditi effetti di ritorno ai Costruttori europei, che infatti non hanno giudicato positivamente le mosse di Bruxelles. Dalle ritorsioni commerciali che pagherebbero ad un prezzo ben più salato rispetto ai concorrenti asiatici, al progressivo ristagnare di una sana concorrenza in Europa, che invece stimolerebbe nei Costruttori europei lo sforzo a proporre modelli elettrici sempre più efficienti e ad un minor costo, fino alle ricadute su un settore della componentistica negli anni già fin troppo indebolitosi, le mosse della Commissione UE potrebbero prima o poi causare duri sovrapprezzi per i cittadini e il mondo del lavoro europei. 

 

Quanto alla Cina, da gennaio a luglio di quest'anno i suoi Costruttori hanno prodotto e venduto oltre 16 milioni di vetture, 6 milioni delle quali elettriche. Il mercato interno appare in forte crescita, aumentando del 4,4%, con le elettriche che vi avanzano superando il 31%; non meno soddisfacenti appaiono i dati dell'export, che vedono più di 3 milioni di vetture esportate, delle quali 708mila elettriche, con aumenti oltre il 28% e l'11% rispetto all'anno precedente. Tali dati attestano da una parte un mercato in salute, caratterizzato da una più complessiva crescita generale dell'economia interna, a smentire al contempo i dubbi espressi da molti osservatori occidentali circa un suo rallentamento o persino una sua caduta; e, nel quadro di tale solidità, dei Produttori cinesi, in questo caso automobilistici. Ma, proprio per queste ragioni, se ne desume pure l'insieme delle opportunità che un settore industriale ormai tanto robusto e destinato ad ulteriori espansioni nel futuro avrebbe per tutti quei paesi, anche europei, interessati a sviluppare sempre più il proprio mercato automobilistico verso l'elettrico. Dai commerci agli investimenti, dalle tecnologie alla catena del valore, la cooperazione tra Gruppi automobilistici europei e cinesi appare un fatto oggi più che fisiologico, sia per suo stato attuale che per prospettive future.

 

Non colpisce che a metà agosto, a giorni dalla denuncia di Pechino all'Organizzazione Mondiale del Commercio (WTO) dei dazi temporanei stabiliti dalla Commissione UE verso le auto elettriche cinesi, i segnali espressi dai Costruttori automobilistici europei così come dalle imprese europee di componentistica non siano parsi proprio a conforto di Bruxelles, le cui scelte peraltro già in principio avevano contestato. I Costruttori e le imprese di componentistica del Vecchio Continente hanno da tempo solidi legami con analoghe realtà dell'automotive cinese, e il timore che con la sua mossa la Commissione UE abbia voluto in qualche modo sabotarli trova condivisione in molti operatori del mercato. Un'ulteriore conferma s'è avuta nei giorni successivi, allorché la divulgazione in anteprima dei contenuti sulle indagini anti-dumping dell'UE ha visto la Commissione proporre un dazio compensativo quinquennale variabile tra il 17% e il 36,3% e trasmesso l'idea che Bruxelles voglia realmente danneggiare il commercio di auto cinesi nei mercati comunitari e la cooperazione tra imprese europee e cinesi nella relativa catena del valore. 

 

Tale indagine, avviata nell'ottobre scorso dalle autorità comunitarie senza una richiesta o un consenso dei Costruttori europei, è parsa fin dal principio caratterizzata soprattutto da un movente politico, dato che ha escluso a priori tanto gli stessi Costruttori europei quanto quelli americani e puntato unicamente su quelli cinesi. Da fine giugno Pechino e Bruxelles hanno tenuto più di dieci incontri per giungere ad un punto d'intesa, senza che tuttavia si registrassero dei risultati. Non a caso, le vendite di auto elettriche in Europa nel frattempo hanno iniziato a flettere, indicando come il volgere di molta clientela, che potenzialmente avrebbe puntato all'elettrico, sulle auto a combustione interna, tradisca la difficoltà di gran parte dei Costruttori europei di proporre al momento modelli elettrici ad un prezzo che può esserle accessibile. Il tutto, mentre su parte dei modelli elettrici europei sviluppati in collaborazione coi partner cinesi, che avrebbero un rapporto qualità/prezzo più competitivo, gravano le paure di un mercato preoccupato per i rallentamenti che i dazi potrebbero comportare o già stanno comportando alla fornitura di molte componenti per la futura assistenza.

 

Tuttavia, ciò avviene sullo sfondo di una serie di movimenti nel mondo dell'automotive europeo e cinese che, a prescindere dalla sordità di Bruxelles, vedono i Costruttori delle due parti sempre più interessati a stabilire ulteriori cooperazioni e relative produzioni in territorio UE. Anche nella recente visita della Presidente del Consiglio italiano in Cina lo sviluppo congiunto dell'automotive e la disponibilità ad ospitare nuovi investimenti e produzioni automobilistiche sulla Penisola sono stati temi più volte affrontati, e non di meno si può dire per altri paesi europei analogamente interessati ad attirare su di sé le attenzioni dei Costruttori cinesi. Nel frattempo, in attesa del responso del WTO, la Commissione UE si troverà a dover seriamente rivalutare la propria bozza di dazi quinquennali sviluppati su dati di dumping non verificati e a riflettere se una propria frattura col mercato interno e i Costruttori europei, oltre che con la controparte cinese, sia effettivamente nell'interesse della sua credibilità politica ed ancor più dei cittadini e delle imprese europee.

 

 

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