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Rispondere al caos con la cooperazione: il caso vincente della SCO

2024-07-12 22:00

Filippo Bovo

Rispondere al caos con la cooperazione: il caso vincente della SCO

Tra il 3 e il 4 luglio (curiosamente proprio in quei giorni in cui il premier ungherese Viktor Orban avviava quel suo tour diplomatico che da Kiev l'a

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Tra il 3 e il 4 luglio (curiosamente proprio in quei giorni in cui il premier ungherese Viktor Orban avviava quel suo tour diplomatico che da Kiev l'avrebbe portato a Mosca e Pechino ed infine a Washington), s'è svolto nella capitale kazaka Astana, cuore profondo di un'Asia Centrale oggi sempre più snodo geopolitico centrale, il 24esimo Vertice della SCO (Organizzazione per la Cooperazione di Shanghai). Anche se in Occidente la notizia non ha destato grandi clamori, da tanta che era l'attenzione su altri episodi capitati tra Europa e Stati Uniti (dallo stesso tour di Orban al grande fervore in Francia per il secondo turno elettorale incombente; dal disastroso esito di Biden nel dibattito elettorale con Trump alla vittoria del riformista Massoud Pezeshkian alle presidenziali in Iran; dall'elezione del laburista Keir Starmer in Inghilterra alla liberazione di Julian Assange; oltre poi ai quotidiani e drammatici aggiornamenti dai fronti ucraino e mediorientale), la sua rilevanza è stata ben più che nodale. L'asse euro-americano, sempre più faticosamente raggomitolato intorno ad un baricentro atlantico oggi più allargatosi che mai (con propaggini estese nei Balcani e nel Caucaso, negli Oceani Pacifico ed Indiano, nell'Africa e nel Medio Oriente, e via dicendo) e proteso verso paesi e sistemi-mondo che gli sono indipendenti od estranei, stenta ancora a rendersi pienamente e seriamente conto dell'appuntamento storico e geopolitico che imperturbabilmente l'attende nelle terre che furono e sono nido di grandi civiltà.

 

Eppure quel che abbiamo visto ad Astana in quei giorni è stato ben più che un semplice ritrovo tra paesi alleati o sempre più vicini; come ricordato anche dall'Astana Times, giornale decisamente di casa in tale occasione, mai come in questo caso la SCO ha forse manifestato la sua maturità ed attrattività verso tanti nuovi soggetti politici che un tempo, quando venne fondata nel 2001, le erano ancora lontani. Allora, sei erano le nazioni fondatrici (Cina, Russia, Kazakistan, Uzbekistan, Kirghizistan e Tagikistan): riuniva la Cina alla Russia, con alcuni Stati ex sovietici divisi secondo le analisi dell'epoca tra piccole potenze per cui si prevedeva un promettente futuro, grazie alle risorse energetiche, ed altri su cui le stime di una ritrovata stabilità o prosperità tendevano ad essere ben più critiche. Ma quei punti di vista che circolavano in Europa e che testimoniavano un'ingenua sufficienza non tenevano conto delle reali motivazioni per cui proprio la SCO nasceva, dandosi una tabella di crescita che non prevedeva la fretta quanto semmai la lungimiranza. Forse più che altrove nel mondo l'Asia Centrale è una terra dove il tempo acquisisce un senso difficile da cogliere per molti analisti occidentali, influenzati dalla forma mentis della loro civiltà d'origine, in cui correre ed ottenere un risultato il prima possibile è considerato un valore ben più importante del pazientare e ponderare.

 

Dandosi come obiettivo quello di rispondere all'indubbiamente sentita esigenza di stabilità, sicurezza e cooperazione (in un'epoca in cui i morsi del terrorismo islamista legato direttamente ed indirettamente alle intelligences occidentali avevano già lasciato duri segni, gettando i semi di quella “guerra al terrore” che a breve sarebbe scoppiata nel mondo dopo l'attacco alle Torri Gemelle, con gli interventi in Afghanistan del 2001, in Iraq del 2003 ed il successivo capitolo delle “rivoluzioni colorate” in Georgia, Ucraina, Libano o ancora proprio in Kirghizistan), la SCO ha lentamente ma abilmente coltivato e fatto prosperare l'orto della rinascita. Oggi la SCO ha dieci membri, comprendendo Bielorussia, Iran, India e Pakistan, nazioni un tempo divise talvolta da incomprensioni su cui costante è stata e continua ad essere la tessitura del dialogo; a questi vanno poi ad aggiungersi due partner osservatori come Afghanistan e Mongolia, e quattordici partner di dialogo come Azerbaigian, Armenia, Qatar, Emirati Arabi Uniti, Arabia Saudita e Turchia. In totale, l'Organizzazione riunisce oggi nel mondo il 40% della popolazione mondiale per un PIL pari a 23 trilioni di dollari: non è certo poca cosa, e ne testimonia concretamente il grado di solidità. Difficilmente tutto ciò sarebbe potuto avvenire senza darsi principi come l'impegno per la pace, la sicurezza e la stabilità, il rispetto dell'integrità territoriale degli Stati e della non ingerenza nei loro affari interni, e il sostegno alla diplomazia come rimedio pacifico a contrasti e tensioni geopolitiche: in sostanza, senza mobilitarsi per la promozione di un nuovo ordine internazionale basato proprio sul rispetto del diritto internazionale. Le conclusioni del Vertice, affidate alla Dichiarazione di Astana, ben testimoniano la solidità della SCO, con l'approvazione di venticinque nuovi documenti in numerose materie come l'energia, la sicurezza regionale ed informatica, la finanza ed il commercio o ancora i trasporti.

 

E' forse proprio questo aspetto ad infastidire di più chi, in Occidente, preferisce preservare e puntellare il più possibile ciò che resta del suo, basato su una regia unipolare che oggi pare sempre più in difficoltà a recitare il ruolo di una sola superpotenza al comando: eppure, come già abbiamo visto negli oltre trent'anni che dopo la caduta dell'URSS l'hanno visto all'apogeo, tale ordine unipolare non ha mai realmente ben funzionato. Lungi dal riuscire ad includere in sé molte nazioni indipendenti, come quelle che si riconoscevano e continuano a riconoscersi nel vasto fronte dei Non Allineati (MNOAL), non sapendo dare risposta al caos che sorgeva in varie aree del mondo o persino coltivandolo, altro non ha fatto che attirarsi nel tempo progressive ostilità od antipatie. Ciò ha portato, fin dalla fine degli Anni ‘90, alla diffusione di una sentita e crescente necessità da parte di molti paesi ed aree regionali nel mondo ad auto-organizzarsi in famiglie intergovernative proprie, in cui spesso porre come prioritari proprio quei principi che hanno contraddistinto la SCO sin dalla sua fondazione. Se tali organizzazioni sono oggi assai numerose (pensiamo alla recente AES nel Sahel, che riunisce Mali, Burkina Faso e Niger, fuoriusciti dall'ECOWAS dopo le loro svolte rivoluzionarie; o alla CELAC ed in particolare all'ALBA, che in America Latina radunano vari paesi all'insegna di un muoversi secondo linee di progresso ed autonomia), lo si deve paradossalmente proprio alla “cultura del caos” che l’unipolarismo a guida statunitense ha seminato in questi decenni di suo predominio; e non diversamente si potrebbe dire del resto per altre organizzazioni, figlie invece della Guerra Fredda, come l'ASEAN che se un tempo era sorta su forte stimolo statunitense per “contenere” Mosca e Pechino oggi al contrario ha proprio con la Cina una forte e crescente simbiosi). 

 

Nel discorso che ha tenuto in occasione del Vertice, a cui tutti i leader dei paesi partecipanti erano presenti, il Presidente cinese Xi Jinping ha usato spesso toni romantici, molto efficaci nell'esprimere le strategie che connotano l'Organizzazione e quelle future, come ad esempio: “Né montagne né oceani possono distanziare popoli che condividono le medesime aspirazioni”. Spesso a molti di noi è capitato di sentire Xi Jinping ed altri esponenti cinesi parlare della necessità di costruire una “comunità dai destini condivisi”, e anche in questo caso l'eco di tali parole nel suo discorso era ben avvertibile. Sono quei “cinque principi della coesistenza pacifica” che vennero elaborati ancora nel 1954 e ai quali le varie leadership cinesi hanno tenuto fede e dato contributo, con importanti arricchimenti anche da parte dello stesso Xi. E' proprio il 2024, anno in cui il Vertice si tiene ad Astana, quello in cui la Cina riveste la presidenza della Struttura regionale per l'antiterrorismo sorta proprio in seno alla SCO, e che abbiamo visto tenere anche una significativa esercitazione militare in Bielorussia, chiamata Interaction-2024: forse una delle poche cose che gli occidentali, disorientati da un difficile muro mediatico, hanno saputo cogliere di tutto quel che avveniva ad Astana, ricavandone probabilmente una sensazione d'ostilità. La Bielorussia che entrava a pieno titolo in un'organizzazione di cui stentavano a capire la natura, perché tale è sempre stato il grado di disinformazione imposto dai mass media euro-americani, ospitando per giunta delle esercitazioni militari dove insieme a soldati russi e bielorussi ve ne erano pure di cinesi: un'idea minacciosa, che li conduceva ad immaginare “un'anti-NATO più ad Est, o un nuovo Patto di Varsavia in Oriente” proprio come malignamente suggerito loro da tanti numerosi opinionisti e mezzibusto in TV. Eppure la realtà sarebbe ben diversa, e se di minaccia ed ostilità si può parlare, in quel caso è semmai da riferirsi alla NATO e alla sua attività in Ucraina, o ancora alle sue filiazioni nell'Indo-Pacifico come l'AUKUS o il QUAD. E del resto, l'analisi della SCO, della sua storia e natura, e delle sue strutture, ben ci testimonia che non per dominare e guerreggiare è nata, ma per cooperare e coltivare.

 

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