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Da Orban in tour diplomatico alla NATO reticente, tante sono le cose che dovranno avvenire

2024-07-12 18:00

Filippo Bovo

Da Orban in tour diplomatico alla NATO reticente, tante sono le cose che dovranno avvenire

Il mese di luglio ha avuto inizio per l'UE col semestre di presidenza ungherese, con pronte e prevedibili polemiche presso gli altri Stati membri, dov

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Il mese di luglio ha avuto inizio per l'UE col semestre di presidenza ungherese, con pronte e prevedibili polemiche presso gli altri Stati membri, dove sono al governo forze politiche dagli orientamenti ben diversi dal premier Viktor Orban. Dando segno di non voler perder tempo, il premier ungherese è ben presto partito per un lungo tour diplomatico che l'ha portato da Kiev a Mosca fino a Pechino, per giungere infine a Washington puntuale per il Vertice NATO. Se si fosse trattato d'incontrare soltanto Volodymyr Zelensky, magari per esprimergli il consueto appoggio che tutti gli altri leader europei sono soliti rivolvergli, anziché consigli un po' più indigesti, per costoro non vi sarebbero stati problemi; ma, oltre a tirar fuori inviti al momento ancora duri ad accettarsi a Bruxelles e in molte altre capitali europee, come quello a negoziare con reale serietà per la pace, Orban s'è spinto a loro avviso ancora più in là, osando calarsi anche al Cremlino, da Vladimir Putin. E, se aveva colpito la distesa accoglienza di quest'ultimo incontro, ben diverso da quello assai più teso con Zelensky, non di meno aveva potuto colpire quella sviluppatasi a Pechino con Xi Jinping, a riprova di una del resto nota e consolidata vicinanza ungherese sia con la Russia che con la Cina. 

 

Nelle menti di molti osservatori europei ed occidentali, e delle varie élites politiche che spesso dalle loro analisi dipendono per darsi una minima infarinatura di certi argomenti o più frequentemente per trovar facile conferma a molti loro pregiudizi politici, balenava a quel punto la convinzione che Mosca e Pechino avessero con Budapest una palese triangolazione in grado di penetrare anche in seno all'UE e alla NATO, facendo dell'Ungheria un sempre più sgradito “convitato di pietra”. Ben si spiegano, così, le pronte polemiche di quanti in Europa già a pochi giorni dall'avvio del semestre di presidenza ungherese ne chiedevano la revoca, a favore magari di un interim ai loro occhi più “meritevole”. Eppure Orban non era certo partito per il suo tour diplomatico a nome dell'UE, sebbene molti elementi avessero lasciato pensare che invece proprio così potesse essere; e poco per giunta questi aveva fatto per fugare i dubbi e le insinuazioni di quanti, in Europa, assistevano ai suoi vari incontri immaginandosi proprio questo. 

 

Questa indubbia ambiguità trova tuttavia una risposta guardando agli scenari futuri, invero non molto lontani, che tra la fine dell'anno e l'inizio del prossimo cominceranno a presentarsi soprattutto sul fronte ucraino. Oggi l'UE, da tempo priva di una sua credibile statura politica e diplomatica, è ridotta essenzialmente a finanziatrice di una guerra altrui, consumata ai propri confini e che gli USA e la NATO conducono “fino all'ultimo ucraino”, allo scopo di rinnovare e rafforzare l'arsenale di Washington a spese soprattutto dei cittadini europei; ma in futuro, seppur uscendo notevolmente indebolita a ridimensionata da un simile condizionamento, dovrà e potrà riappropriarsi di un ruolo più consono, perché volenti o nolenti anche gli europei saranno pur chiamati insieme a tanti altri a rispondere di certe responsabilità, e a dare il proprio contributo perché di pace e non più di guerra infine si parli. Orban, oggi isolato nell'UE da un ampio “cordone sanitario”, lo sa e veste da tempi non sospetti il ruolo di unico leader europeo in grado da far da apripista ad una nuova strategia europea dinanzi alla fine dell'odierno conflitto. 

 

Il suo rapporto storico con Mosca e Pechino, sopravvissuto all'ondata d'aggressività che ha invece travolto quelli generalmente più tenui che in passato avevano coltivato le altre cancellerie europee, è il seme da cui può rifiorire un indispensabile dialogo europeo con questi paesi. Dopotutto a breve i paesi NATO, dagli USA all'UE fino all'UK e ad altri ancora, non potranno più tanto facilmente comportarsi come finora hanno invece fatto, ad esempio stracciando proposte di pace come quella che più volte era stata avanzata dalla Cina: eclatante, ad esempio, quando addirittura con tale ostilità fecero letteralmente fallire la conclusione del Summit di Bali nel 2022. Non meno eclatante, solo pochi mesi prima, il boicottaggio riservato alle trattative avviate dalla Turchia, e che ugualmente se fossero andate in porto avrebbero consentito all'Ucraina un enorme risparmio di vite e danni materiali. Quel che colpisce, infatti, è che in tutti quei casi Zelensky sarebbe stato pure d'accordo, salvo poi venir costretto dai propri alleati NATO a rettificare e ad allinearsi nuovamente su una linea di bellicoso rifiuto.

 

Dacché abbiamo citato la Turchia, è bene ricordare come sia un altro paese a sua volta legato da relazioni con Mosca e Pechino in costante e positivo sviluppo; non di meno, anche con l'Ungheria, con cui come dimostrato dall'identità di vedute su molti dossier diplomatici e strategici forma un vero e proprio “asse”, o meglio ancora una più vasta famiglia di paesi con varie comunanze nella storia e nelle origini. Alcuni analisti geopolitici parlano in tal merito di “asse turanico”, intendendo un asse che dall'Ungheria scende in Turchia per addentrarsi poi in molta parte dell'Asia Centrale, attraversando i vari paesi della CSI fino poi alla Cina. Insomma, pur non facendo parte della SCO, di cui più volte abbiamo parlato, l'Ungheria si trova in vari modi ad aver buoni rapporti e legami con molti paesi che la compongono, dalla Turchia che ne è partner di dialogo alla Russia e alla Cina che ne sono invece storici partner fondatori. Anche questi legami così “carsici” costituiscono oggi un indubbio valore su cui l'Ungheria farà gioco in un rapido futuro, per garantire anche all'UE una maggior credibilità internazionale. 

 

Non dimentichiamoci dopotutto che le elezioni negli USA si fanno sempre più vicine, con un Presidente uscente sempre più contestato da un crescente numero d'esponenti del suo partito che lo invitano a ritirarsi dalla corsa prima che sia troppo tardi; mentre dall'altra parte Trump sembra aver preso la corsia di sorpasso con un distacco difficilmente raggiungibile anche da altri eventuali candidati democratici. Comunque vadano a svilupparsi le presidenziali, certo è che nel frattempo molte cose potranno succedere, non soltanto negli USA da cui giungeranno segnali che rassicureranno ancor meno di quanto già poco lo siano quelli attuali le varie cancellerie europee e così la Commissione UE; ma anche nella stessa Ucraina, le cui capacità di tenuta ad un conflitto ormai vieppiù logorante appaiono oggi preoccupanti come non mai. A tal proposito torna utile spender qualche parola anche sull'appena tenutosi Vertice NATO: la promessa, nuovamente ripetuta, di far entrare Kiev nell'Alleanza Atlantica ha subito portato molti osservatori e comuni cittadini, magari proprio gli stessi che con preoccupazione avevano guardato al tour diplomatico di Orban, ad immaginarsi una prossima entrata in guerra di tutta l'UE contro la Russia; non fosse altro perché a quel punto trascinatavi dentro proprio dalla NATO. 

 

Tutto molto terribile, indubbiamente; ma entro quali termini temporali l'Ucraina entrerà nella NATO? Con quale governo e con quale esercito, dacché entrambi risultano "esauriti", e poi con quali confini? In guerra con la Russia, non dimentichiamocelo, ci siamo già; e non da ora, e nemmeno dal mese prossimo, ma dal 2014, a tacer poi dell'accerchiamento già iniziato prima: ci ricorderemo certamente, solo per fare un esempio, della Rivoluzione Arancione del 2004. Ancora, in Ucraina la NATO c'è fin da prima del 2014, con suoi uomini, strutture e rami collaterali, come ad esempio compagnie di mercenariato militare quali l'Academi: dopo più di due anni di conflitto, a tacer di tutto il prima, non è certo più un mistero. Semmai ora si fa magari un po' più di clamore mediatico per ammetter tra le righe qualcosa che già prima non era altro che un "segreto di Pulcinella". 

 

Un po' come nel caso della sempre recente ma ormai già da tutti dimenticata autorizzazione NATO a Kiev a colpire gli obiettivi russi con le armi che le aveva consegnato: ma questo, e tutti ormai lo sappiamo, succedeva pure prima. Dopotutto gli obiettivi russi oltrefrontiera, da Kerch a Mosca a San Pietroburgo, non si colpivano certo da soli. Anche in questo caso s'è trattato insomma di un espediente della NATO per ammettere qualcosa già in atto da tempo e che prima o poi si sarebbe pur dovuto sdoganare, dandogli quantomeno una reale ufficialità. Questo conflitto, che ora è in una sinistra fase di "congelamento", al momento prosegue soprattutto elevando a grandi fatti quelli che semplicemente sono elementi già noti e consolidati: non che ciò sia un elemento che ci debba confortare, sia ben chiaro; ma è già qualcosa di molto diverso dal proclamare che "ora andremo alla guerra". Perché la fase NATO del conflitto "ucraino-russo" è iniziata da tempo, e ora semplicemente la si ammette a mezza bocca, quando per anni invece la si era sempre omessa e negata, proprio per prepararne una sua inevitabile benché tardiva fuoriuscita.

 

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